«Ora basta con la caccia alle streghe contro la Massoneria» INTERVISTA AL GRAN MAESTRO DEL GRANDE ORIENTE D’ITALIA STEFANO BISI, OSPITE DI COMMUNITAS COGITATIONIS DEL CENTRO STUDI “IL RISVEGLIO”
di
Alessandro Misson
Basta “caccia alle streghe” nei confronti della Massoneria. Ma basta anche con la “massofobia”, quel sentimento che più volte ha portato l’Italia nel clima da “caccia al massone”, spesso prodromo della compressione di libertà garantite dallo stato di diritto. Stefano Bisi, Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia – Palazzo Giustiniani, il 16 luglio 2022 è stato ospite di Communitas Cogitationis, la rassegna organizzata dal Centro Studi “Il Risveglio” per presentare il suo libro “Il Biennio Nero 1992-1993, Massoneria e Legalità trent’anni dopo”. L’occasione è stata propizia per un’intervista sul suo libro, per parlare della Massoneria oggi, dei conti aperti con lo Stato e della nuova consapevolezza che i Frammassoni stanno costruendo nella società italiana facendo appello al senso del dovere.
Partiamo dal Libro “Il Biennio Nero 1992 – 1993” che oggi presentate. Quelli sono anni difficili per l’Italia, legati ai problemi per la nascita dell’Europa di Maastricht, a Tangentopoli e Mani Pulite, alle stragi di mafia, alla fine della Prima Repubblica. Sono anni bui anche per la Massoneria, a vent’anni dallo scandalo P2. Perché ha scelto questo titolo?
«Perché in quegli anni accaddero fatti importanti per la vita stessa del Grande Oriente d’Italia. Il 20 ottobre 1992, l’allora procuratore di Palmi Agostino Cordova mandò i Carabinieri al Vascello (la storica Villa Giraud di Roma, casa-madre della Massoneria, ndr.). Sulla porta peraltro furono accolti da un grande abruzzese, Alfredo Diomede, Gran Segretario del Grande Oriente d’Italia. Avevano mandato di sequestrare gli elenchi dei massoni iscritti alle logge del Lazio e della Calabria. Cercando di acquisire più informazioni possibili, nei computer pensarono di aver scoperto degli elenchi segreti, che si riteneva fossero tenuti nascosti. In realtà c’erano due elenchi, uno generale in ordine alfabetico ed uno organizzato per zone, diviso cioè loggia per loggia. Poi scoprirono – e dico ironicamente “scoprirono” perché non si può parlare affatto di scoperta – degli elenchi di massoni appartenenti a corpi rituali che sono collegati al GOI e di cui possono far parte solo Fratelli Maestri del GOI. Pensavano di aver scoperto una nuova P2. Furono pubblicati articoli, vennero rivelati e messi alla gogna molti fratelli, ci furono appelli pubblici contro la Massoneria, prese di posizione politiche. Mediaticamente fu un fatto eclatante, perché tanti fratelli furono perquisiti nelle loro abitazioni e nei loro uffici. I fratelli più anziani vissero quel momento in maniera molto traumatica e ancora oggi lo ricordano con amarezza»
Come andò a finire?
«L’inchiesta sui 64 indagati era stata nel frattempo trasferita a Roma su richiesta della stessa Procura di Palmi, accompagnata da una richiesta d’archiviazione. Il 3 luglio del 2000 il Gip di Roma Augusta Iannini archiviò tutto su richiesta dei pm romani Lina Cusano e Nello Rossi, A scriverlo è stato lo stesso giudice: quell’inchiesta su fu una schedatura di massa alla ricerca di notizie, non di notizie di reato. Perché non vi si trovarono elementi di reato. Quando nel 2014 sono diventato Gran Maestro, assieme agli avvocati Fabio Federico e Raffaele D’Ottavio abbiamo inoltrato la richiesta al Tribunale per entrare in possesso degli ottocento faldoni dell’indagine di Palmi. All’inizio di Aprile 2017 abbiamo presentato all’incontro annuale alla Gran Loggia i faldoni di cui siamo entrati in possesso. Feci un commento: quell’inchiesta era stata una “caccia alle streghe”. Il magistrato Agostino Cordova, in pensione, mi ha querelato per diffamazione. Nel mese di ottobre del 2021 il giudice di Reggio Calabria ha archiviato l’inchiesta nei miei confronti, condannando Cordova al pagamento delle spese».
Eppure la “massofobia”, così ha definito la paura della Massoneria, non si è fermata. Un’altra “caccia al massone” si è verificata nel 2017 con Rosy Bindi, presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta antimafia.
«Voleva sequestrare gli elenchi di tutti i Fratelli italiani. Noi ci opponemmo in maniera forte. Dopo due audizioni in Commissione parlamentare antimafia, dove ho cercato di spiegare chi siamo noi Massoni e cosa facciamo, il primo Marzo mandò tredici finanzieri dello SCICO (Servizio centrale d’investigazione sulla criminalità organizzata della Guardia di Finanza, ndr.) a sequestrare gli elenchi delle logge della Calabria e della Sicilia. Aveva abbassato la mole delle sue richieste»
Nel suo libro ne ha fatto anche una questione di diritto alla privacy. Perché se ne parla così tanto, ma per la Massoneria non dovrebbe valere?
«Sembra che la riservatezza esista per tutti, eccetto per i Massoni. Noi vogliamo far valere il nostro diritto alla privacy, a non essere costretti attaccare sui muri delle città gli elenchi dei nostri Fratelli. Ma questo d’altra parte dovrebbe valere per tutti. Non è giusto chiedere l’elenco degli iscritti a qualsiasi associazione. Qual è il reale motivo della richiesta degli elenchi? Se si vuole perseguire un’ipotesi di reato che riguarda un fratello, allora che sia perseguita. Certo, se ci viene chiesto se tal persona faccia parte o meno del Grande Oriente d’Italia, noi rispondiamo all’autorità giudiziaria, ma questa richiesta continua degli elenchi è una “caccia al massone” che non possiamo consentire, perché non è giusta. Chi ci vuole conoscere venga pure alle nostre attività pubbliche, come quella che si svolge oggi in questo comune d’Abruzzo. Siamo qui, alla luce del sole, per chi vuole davvero sapere».
Il contributo della Massoneria alla costruzione dell’Italia è storicamente innegabile. Come giudicate queste azioni ostili dello Stato, ripetute nel tempo, nei vostri confronti?
«Ci dispiace, perché le abbiamo subite come profondamente illiberali. Abbiamo partecipato al Risorgimento italiano, alla costruzione dello stato liberale, alla nascita della Repubblica. Il presidente dell’Assemblea Costituente era un nostro fratello, Bartolomeo Meuccio Ruini. L’Articolo 1 della Costituzione ,“L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro”, si deve all’impegno di un nostro Fratello, Mario Cevolotto. Quindi non si capisce questo accanimento contro la Massoneria. A meno che non si ritenga che ogni epoca abbia bisogno di un capro espiatorio quando sfuggono le reali responsabilità su determinate vicende politiche, economiche, sociali. È un modo sbagliato di procedere e lo segnaliamo ormai da tempo. La percezione della Massoneria italiana di recente è un po’ cambiata, però non c’è ancora la piena consapevolezza del suo valore. Storicamente, quando in Italia si comincia a perseguitare la Massoneria è come se scattasse un segnale d’allarme per l’intera società e per la democrazia. È successo nel 1925, quando il Parlamento ci mise fuori legge. Non fu un problema per la sola Massoneria, perché subito dopo arrivò la dittatura. E fu un problema per tutti».
C’è una battaglia simbolica legata a quel contesto, il Fascismo, che la Massoneria italiana rivendica ancora oggi, per sanare un’ingiustizia subita dallo Stato. Di cosa si tratta?
«Rivendichiamo con forza un nostro bene, Palazzo Giustiniani, ancora oggi occupato dagli uffici del Senato. Questo immobile è stato regolarmente acquistato dal Grande Oriente d’Italia nel 1911 per la cifra di un milione e 55mila lire. In pratica è stato requisito dal Fascismo e mai restituito alla Massoneria. Prova ne è che al Demanio manchi il titolo di proprietà, perché ce l’ha il Grande Oriente d’Italia. Nel 1988, dopo lunghe trattative, il Presidente del Senato Giovanni Spadolini firmò la transazione che assegnava al Grande Oriente d’Italia 140 metri quadrati del “piccolo Colle” per realizzarvi il Museo storico della Massoneria italiana. Sono passati decenni, ma non c’è modo nemmeno di riavere quei 140 metri quadrati. Abbiamo reiterato la richiesta di recente, con un ricorso al Tar del Lazio che si è dichiarato incompetente a giudicare. Abbiamo fatto ricorso al Consiglio di Stato che il 13 ottobre dirà quale sarà l’autorità competente per prendere una decisione».
Oggi è ospite di un’associazione, il Centro Studi “il Risveglio” che nello statuto e nel richiamo alla storica rivista teramana, si è data un importante compito sociale e culturale. Quanto c’è bisogno oggi, in Italia, di un risveglio?
«C’è bisogno di un rinnovato senso di responsabilità diffuso, tra chi governa e tra chi è governato. Un senso di partecipazione alle cose dello Stato che va alimentato e fatto crescere, perché il bene comune è un sommo bene da salvaguardare da parte di tutti».
Qual è l’apporto che la Massoneria potrebbe dare a questo bene comune?
«Fare il proprio dovere. Ogni Massone è chiamato a fare il proprio dovere nella vita personale, nella vita lavorativa, nella vita pubblica. Se ognuno fa il proprio dovere, allora sì che l’Italia può guardare con maggiore serenità al proprio futuro».