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DISASTRI NATURALI: UNA COMUNICAZIONE RESPONSABILE ?

 

di

Massimo Alesii

 

 

 

Un libro di Stefano Martello e Biagio Oppi – Bononia University Press 2016

Cosa accade quando una calamità naturale colpisce un determinato territorio? È stata questa la domanda, semplice e quasi banale, da cui siamo partiti, prima ancora che il proposito si trasformasse in progetto, con tutte le limitazioni (temporali e operative) del caso.

A quella domanda sono seguite risposte sempre più ampie ed articolate; tra queste, una delle più utili, nell’orientare non solo il presente testo ma anche tutti gli altri che compongono il volume, è stata quella per cui una calamità naturale – nel momento in cui colpisce – non colpisce solo il territorio o le strutture che su quel territorio operano o, ancora, gli effetti economici che quelle strutture – calate in quel determinato territorio – contribuiscono a realizzare. Una calamità naturale colpisce aspettative e progetti profondamente differenti tra loro, per origine quanto per attuazione, anche se in alcuni casi sovrapponibili.

Una calamità naturale, insomma, contribuisce prepotentemente all’emersione dei bisogni , tradizionalmente inconsci, complessi e profondi, e alla loro progressiva declinazione  in domande, specifiche e superficiali; ancorate saldamente al breve termine e fortemente caratterizzate da alcuni parametri quali l’età, la professione svolta, il reddito percepito e il territorio in cui si vive.

La caratterizzazione più imponente di un caso di calamità naturali – all’interno della macro-famiglia della più generale comunicazione di crisi – risiede proprio nelle dimensioni dell’ambiente colpito; non più una determinata azienda ma un distretto produttivo; non più una famiglia bensì una comunità.

Biagio Oppi e Stefano Martello

 

 

I terremoti dell’Aquila e dell’EmiliaDalla gestione della crisi alla rinascita delle Comunità

 

Con un estratto dal testo “DISASTRI NATURALI: UNA COMUNICAZIONE RESPONSABILE ? “ della Bononia University Press 2016

Riporto con piacere questa mia riflessione oggi, che siamo a 10 anni dal sisma che colpì la mia città, L’Aquila. Contiene larga parte di un mio scritto datato 2016 che fu accolto nella pubblicazione collettiva, edita dalla Bononia University Press a cura dei Colleghi Prof. Biagio Oppi e Dott. Stefano Martello, dal titolo  “Disastri naturali: una comunicazione responsabile? Modelli, casi reali e opportunità nella comunicazione di crisi”. Il mio compito fu allora quello di analizzare e confrontare la risposta comunicativa che ci fu in Abruzzo e in Emilia Romagna a seguiti dei catastrofici eventi tellurici che nel passato decennio hanno colpito queste regioni. Questa riflessione di oggi  può prendere maggior senso oggi grazie alla rinascita in rete de IL RISVEGLIO e in particolare nel confronto con articoli che la Testata storica diffuse sul Terremoto del 1915 di Avezzano, dove fu particolarmente presente nel dare corretta informazione, in un frangente tanto catastrofico per la nostra regione e per quelle Comunità di allora. Il testo che segue, datato 2016,  non tiene conto dei successivi eventi che purtroppo hanno colpito il Centro Italia, per i quali tuttavia, il nostro gruppo di lavoro, composto da Giornalisti, Scrittori ed Esperti di Comunicazione di Emergenza e Crisi, ha continuato a lavorare sino a stilare il protocollo della “Carta di Rieti” di cui a successiva pubblicazione degli atti a seguito di un importante Convegno tenuto a Rieti nel 2018. Ne riparleremo se questo lavoro di ricerca sarà apprezzato dai lettori de IL RISVEGLIO edizione 2019. Ritengo il testo seguente particolarmente adatto alla lettura da parte degli interessati al tema della Comunicazione in Emergenza e Crisi e lo offro alla lettura soprattutto agli Studenti che nelle nostre Facoltà Abruzzesi di Comunicazione e Scienze Politiche vorranno fare ricerche sugli effetti dei processi di relazioni pubbliche in tali situazioni.

 

 I terremoti dell’Aquila e dell’Emilia Dalla gestione della crisi alla rinascita delle Comunità

Don’t judge human action by what happens” ovvero: “Non giudicare l’azione umana da ciò che accade”. Lo scrive il matematico Jacob Bernoulli, la cui opera principale, Ars Conjectandi, pubblicata postuma nel 1713, viene considerata fondamentale nel campo della teoria delle probabilità. Come intuito da Warner Mazzocchi, Bernoulli più di tre secoli fa mise in luce i pericoli insiti nel decision making under uncertainity.

In una situazione di incertezza non è possibile prendere decisioni che risultino sempre essere quelle che avremmo preso a posteriori.

Accade nelle catastrofi naturali, la cui prevedibilità è massimamente incerta; accade nei terremoti che hanno mietuto nella storia dell’uomo milioni di morti.

L’Aquila, capoluogo della regione Abruzzo, è una piccola città di circa 70.000 abitanti, sorta fra la fine del XIII secolo e gli inizi del XIV secolo ai piedi delle cime della catena montuosa del Gran Sasso d’Italia, in un grande altopiano a circa 700 mt. sul livello del mare. Alle ore 3:32 del 6 aprile 2009, una scossa di terremoto misurabile in 6.1 gradi della scala Richter ha praticamente distrutto questa città e il suo circondario. Si poteva prevedere? Non esiste ancora una risposta scientifica a questa domanda ma migliaia di pagine sono state scritte su questo evento catastrofico in questi anni.

E proprio quando a L’Aquila si iniziava a ragionare sulle premesse a un possibile piano di ricostruzione dopo una tale catastrofe, il 20 maggio 2012, esattamente 3 anni dopo, si verificava il terremoto dell’Emilia, che colpì anche Lombardia e Veneto.

Sono passati solo alcuni anni da quegli eventi, e non possiamo ancora “storicizzarli” del tutto in maniera obiettiva e tantomeno cadere nella tentazione storiografica, che rappresenta un insieme di forme di scrittura e di interpretazione soggettiva dei fatti storici.

L’Aquila e le antiche vestigia che ne hanno preceduto la fondazione sparse in un territorio limitrofo già ampiamente abitato da millenni ci offrono una interessante metafora storica dalla quale partire per una modesta riflessione che ci permetta di confrontare le due principali situazioni di crisi che fra il 2009 e il 2012 hanno colpito l’Italia.

Nell’ 86 a.C. nasceva su queste montagne dell’Abruzzo Gaio Sallustio Crispo, in una località chiamata Amiternum, un centro sabino dell’allora Sannio occidentale. Sallustio è il primo grande storico di Roma che diede con le Historiae una svolta a quel processo di evoluzione della “storiografia”, intesa come un’opera nobilmente letteraria e come una rilettura degli eventi in chiave politica e quale forma di intervento nella vita dello Stato, secondo la tradizione annalistica degli storici di classe senatoria dei secoli precedenti. Sallustio avvertì il bisogno di chiarire al pubblico romano – tradizionalmente convinto che fare la storia sia più importante che scriverla – come la storiografia sia un modo diverso, ma non per questo inutile, di lavorare per il bene della civitas. In tal senso è necessario interpretare la scelta del genere monografico, che costituiva per il pubblico romano (e senza veri precedenti neppure nella storiografia greca) una novità rispetto alla tradizionale impostazione annalistica. Dell’antica e grande Amiternum restano solo alcune tracce emergenti a pochi chilometri dal centro di L’Aquila (nei pressi dell’Aeroporto di Preturo) di un grande teatro romano. Quell’aeroporto, dopo il sisma che il 6 aprile 2009 colpì L’Aquila e i comuni del circondario, è oggi intitolato a una delle vittime di quella notte, l’ing. Giuliana Tamburro.

Potremmo definire paradossale il fatto che nella città che rivendica i natali del primo storiografo – al punto di dedicargli una statua nella piazza antistante l’antico palazzo di Margherita d’Austria, sotto la torre civica – gli effetti sul piano della narrazione post-catastrofe siano assimilabili, con le dovute differenze, a quelli della pubblicazione delle Historiae di Sallustio, nel periodo dal 78 al 67 a.C.

La “storia” del terremoto dell’Aquila del 2009 ruota intorno a una data: il 29 settembre. Inizia allora la consegna delle abitazioni del Progetto C.A.S.E. – Complessi Antisismici Sostenibili ed Ecocompatibili. La costruzione edifici è stata completata il 19 marzo 2010 e la gestione del Progetto è passata al Comune dell’Aquila il 31 marzo 2010. 185 gli edifici realizzati per 4.500 alloggi con oltre 15mila persone ospitate.

Scrive a tale riguardo la Prof.ssa Lina Calandra dell’Università degli Studi dell’Aquila in uno studio che affronta gli effetti della delocalizzazione degli insediamenti abitatiti del progetto C.A.S.E. post-terremoto nella zona dell’Aquila: Ciò che è avvenuto all’Aquila con il terremoto certamente chiama in causa discipline quali la sismologia, la geologia, l’ingegneria, l’architettura, l’urbanistica, ecc. ma anche – e per aspetti fondativi della vita dei singoli e delle collettività – la geografia. In effetti, il terremoto, tra i suoi tanti effetti, ha avuto anche quello di rendere drammaticamente chiaro e tragicamente evidente nella quotidianità di ognuno come il legame con i propri dove sia imprescindibile, tanto per la salute psico-fisica dei singoli quanto per il benessere della comunità nel suo complesso […]. Ancora oggi, a due anni dal sisma, a dare il via alla conversazione tra persone che magari non si vedono da un po’ è sempre la stessa ossessiva domanda: “Dove stai adesso?”. È a partire dal (e attraverso il) dove che si configura il vissuto di ogni individuo e, di riflesso, il suo stare o meno “bene”. Del resto, per sapere “chi sono” è necessario sapere “dove mi situo” (C. Taylor 1998) e, di riflesso, indicare dove le cose sono comporta dire anche che cosa esse sono (A. Berque 2000).

In realtà, come ricorda invece Sabina Guzzanti nel film “Draquila”, il 29 settembre 2009 il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi compiva 73 anni e tutti i media italiani erano a L’Aquila per condividere quella data inaugurando il primo lotto delle C.A.S.E. per gli abitanti di una città distrutta dal terremoto dell’aprile di quell’anno. Un miracolo tutto italiano.

Il dove, il chi e il cosa ci possono aiutare a tracciare comunanze e differenze fra la crisi comunicativa abruzzese del 2009 e quella emiliana del 2012?

Occorre innanzitutto definirne contesti territoriali, luoghi e persone.

L’Aquila è una città antica, capoluogo di regione, fortemente connotata sotto il profilo del patrimonio monumentale artistico e culturale, centro funzionale di una intera regione. Il cratere sismico abruzzese ha ricompreso 56 comuni per un’estensione di 2.400 km2 e ha coinvolto circa 140.000 abitanti.

Il complesso dei Comuni emiliani colpiti raccoglie una popolazione di quasi 540.000 persone (13% della popolazione regionale) e una concentrazione di attività produttive, commerciali e di servizio che valgono il 2% del PIL nazionale (CNA Emilia-Romagna 2013). Nell’area interessata al sisma del 2012 erano localizzate 51.000 imprese che da sole impegnano 190.000 lavoratori.

Possono essere dunque confrontabili due eventi in località così diverse? Per analizzare punti di forza e punti di debolezza in termini di crisis communication dobbiamo fare riferimento a dati quantitativi, qualitativi o politici?

Le due situazioni a confronto mettono in evidenza come a L’Aquila, città d’arte e cultura, la narrazione si sia spinta fino al limite dell’introspezione psicologica, in un continuum “storiografico” prodotto a più mani, web compreso, fortemente condizionato dallo scenario politico istituzionale nazionale che in quel momento storico vedeva al Governo l’on. Silvio Berlusconi, sotto la Presidenza della Repubblica di Giorgio Napolitano. All’informazione, che era dovuta alle popolazioni colpite, ai cittadini italiani, agli stakeholder internazionali, si è sostituita nel caso del terremoto abruzzese (accaduto a soli 110 km da Roma) molto rapidamente la spettacolarizzazione, iniziata con l’ingresso in scena della struttura della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Sottosegretariato alla Protezione Civile, con l’adozione di modalità comunicative “decisionistiche” reali e simboliche al contempo, volte a coniugare azione di Governo e strategia d’immagine.

In Abruzzo la comunicazione post-emergenza ha di fatto supportato l’accettazione da parte delle popolazioni e degli stakeholder locali di una “economia della catastrofe” che ha coinvolto centinaia di imprese esterne all’Abruzzo nella costruzione di centinaia di opere provvisorie/semi-definitive, divenuti poi veri e propri agglomerati urbani (C.A.S.E.) oltre ad alcuni restauri a carattere esemplare soprattutto di edifici di culto. I mezzi d’informazione hanno avuto un ruolo di fatto “corale” sia nella fase di emergenza che nella gestione della crisi successiva che ha avuto il suo epilogo mediatico nella celebrazione del G8, tenutosi a L’Aquila dall’8 al 10 luglio 2009, con interventi dei capi di Stato e di Governo ospitati al summit direttamente nel luogo della catastrofe. La cabina di regia della comunicazione è stata affidata alla Protezione Civile nazionale che ha curato anche la fase post-evento. Dopo il Vertice G8 dell’8-10 luglio, la Caserma della Guardia di Finanza ha aperto le porte ai cittadini. I visitatori hanno potuto guardare da vicino le sale che hanno accolto i “Grandi della terra” e ammirare tre mostre: “L’Aquila bella mai non po’ perire”, “L’Arte del saper far bene italiano” e “Prima, Subito, Domani”. Dal 23 luglio al 6 settembre 2009, la rassegna musicale “Campi sonori” ha attraversato i territori colpiti dal terremoto con oltre 40 rappresentazioni artistiche locali e internazionali.

Ben diverso invece il ruolo dei media in Emilia, dove è risultato evidente sin dalle prime ore l’approccio “partecipativo” e “comunitario” alla gestione dell’emergenza e della successiva crisi. Anziché porre l’accento sull’efficientismo dell’intervento e sull’adeguatezza o meno delle strutture abitative, o sui danni ad arte e cultura, il focus si è concentrato da subito sull’impatto economico del sisma, ponendo l’accento sull’inadeguatezza strutturale sismica dei capannoni contenenti gli impianti di produzione industriale.

La crisi

La crisi è un evento che può distruggere o comunque danneggiare gravemente una Organizzazione e ciò è stato chiaro nella gestione della comunicazione post-sisma in Emilia effettuata soprattutto da quella parte della comunità imprenditoriale, locale e multinazionale che ha tenuto particolarmente conto degli effetti negativi sul mercato economico finanziario. Una crisi può avere varie origini ed impatti irrimediabili su linee di servizi e/o prodotti, sulle finanze dell’organizzazione, sull’immagine, sulla reputazione e sulla fiducia della stessa, sulla salute dei propri lavoratori e su quella dei consumatori, e soprattutto sull’ambiente circostante.  La corretta gestione delle crisi impone, oltre alla gestione della stessa durante il suo verificarsi, anche la gestione post-crisi per implementare al meglio gli strumenti di prevenzione a propria disposizione. Analizzare le differenze degli approcci e dei processi di comunicazione fra il 2009 e il 2012 può avere questo obiettivo.

Mentre a L’Aquila e in Abruzzo la struttura politico-istituzionale ha “centralizzato” tutti i processi decisionali, comprese le scelte di comunicazione, in Emilia la gestione interistituzionale condivisa del dopo-terremoto ha applicato il principio di sussidiarietà, riconoscendo uno spazio più ampio alle società locali intese sia come territori amministrati sia come formazioni sociali (cit. Bulsei e Mastropaolo 2011, p. 201).

Dalla crisi alla Comunità

Possiamo quindi definire “multistakeholder” e condivisa la gestione della crisi in Emilia a fronte di un precedente esempio in Abruzzo di centralizzazione tecnocratica sfociata nell’applicazione alla ricostruzione post-sisma di concetti di “comando e controllo” tratti dal “metodo Augustus” che hanno tenuto per troppo tempo fuori della “cabina di regia” decisori locali e cittadini interrompendo il flusso delle relazioni comunitarie. Il clima collaborativo con le istituzioni e le comunità locali – nella gestione condivisa dell’emergenza in Emilia – ha inoltre dato vita ad una reale cooperazione centro/periferia e ad una maggiore efficienza decisionale e operativa nel rapporto fra Stato centrale ed Enti locali, coinvolgendo i cittadini attraverso decine di comitati locali con azioni di dialogo e collaborazione che hanno stimolato un approccio resiliente e di fiducia nelle istituzioni locali per la risoluzione del problemi connessi alla fase di post-emergenza e ricostruzione.

Resilienza comunitaria in Emilia, ovvero gioco di squadra versus perdita di socialità e smembramento della comunità in Abruzzo e in particolare a L’Aquila, con effetti devastanti sul tessuto connettivo socio-economico di questa parte dell’Abruzzo, ancora ben percepibili a distanza di anni dall’evento.

L’esperienza delle crisi comunicative connesse agli eventi sismici del 2009 e del 2012 in Italia permette di comprendere come la complessità socio-culturale e l’organizzazione istituzionale di un territorio possano influire sui processi di produzione di informazioni in situazioni di emergenza e crisi. Ogni semplificazione tuttavia appare riduttiva e in ogni caso selettiva di un punto di vista, che non può che essere quella dell’autore, a sua volta inconsapevole stakeholder del processo stesso. In Italia spesso dimentichiamo che “To hold a stake” significa possedere un interesse, nel senso di un diritto. È in origine il diritto all’informazione dell’azionista che via via è stato esteso a tutti gli interlocutori “attivi” dell’Organizzazione e dunque di una Comunità (legge 150). Gli stakeholder comunemente sono considerati gli “influenti” che intendono essere riconosciuti come tali dall’impresa e reclamano il diritto di interloquire e relazionarsi con essa ma in un quadro più ampio possono essere considerati i cittadini organizzati dell’inizio del terzo millennio.

La scuola italiana delle Relazioni Pubbliche si limita a distinguerli in due macro-categorie, pur sapendo che rischiano di essere particolarmente riduttive se applicate alla complessità dei fenomeni socio-politico-economici in atto:

  1. a) stakeholder primari =Azionisti, dipendenti, clienti e fornitori;
  2. b) stakeholder secondari = Mass media, movimenti di opinione e di difesa del cittadino, gruppi sociali, associazioni locali e associazioni locali.

Comunicare quindi nell’ambito dei concetti di responsabilità sociale oggi significa ancora divulgare i comportamenti effettivamente messi in atto dall’Organizzazione a vantaggio dei propri stakeholder, ma anche più in generale della società e dell’ambiente in senso lato.

Comportamenti comunicativi tesi alla condivisione, comunicazione e soprattutto alla partecipazione alle decisioni comunitarie rilanciano il ruolo delle relazioni pubbliche come strumentazione culturale utile a contribuire alla costruzione di modelli relazionali per le Comunità locali, utili agli stakeholder in quanto volti eticamente a favore della collettività. La fiducia e l’aspettativa che un impresa/un’organizzazione/un Ente locale con determinate caratteristiche etiche ponga in essere azioni che producono risultati positivi per la società, diventano gli obiettivi e i protocolli di comunicazione per l’accoglimento e/o la difesa della reputazione dell’Organizzazione stessa rispetto ai suoi “pubblici” e possono senza dubbio far parte della cassetta degli attrezzi della P.A. in situazioni di emergenza e crisi.

È la fiducia che riduce il grado di incertezza decisionale e accresce l’impegno dei soggetti coinvolti (Maggior fiducia = Minore negoziazione = Maggior resilienza). Identità, dialogo, relazione, reputazione, che abbiamo visto come cause ed effetti di crisi generate da eventi estremi o catastrofici, faranno parte della futura “stakeholder theory”, e saranno, per le Relazioni Pubbliche italiane, motivo di approfondimento culturale permanente…

 

 

 

*Massimo Alesii  è titolare e consulente senior di A.G.T. Communications, Studio specializzato in Relazioni Pubbliche e Comunicazione con sede all’Aquila. Già Segretario Generale della Fondazione Adriano Olivetti. Giornalista ed esperto di comunicazione strategica d’impresa e pubblica è iscritto alla Federazione Relazioni Pubbliche Italiana – FERPI, dove ha ricoperto le cariche di Consigliere Nazionale, membro della Commissione CASP e del Collegio dei Probiviri. Coautore dei testi “Il punto su internet – Web trend”, Franco Angeli 2001 , “Disastri naturali: una comunicazione responsabile? Modelli, casi reali e opportunità nella comunicazione di crisi” Bononia University Press 2016 e “VERSO LA CARTA DI RIETI – Call to action per una comunicazione responsabile nei disastri naturali” Bononia University Press 2018.

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